Siamo in grado di svolgere investigazioni e ricerca di eventi attinenti al rapporto di lavoro qualificati come assenteismo doloso o addirittura che configurano reati e di provare l'infedeltà di soci e collaboratori, attraverso la rilevazione di attività e comportamenti che configurano la violazione giuridica dell'obbligo di fedeltà.
Inoltre molte aziende sono vittime di furti perpetrati da persone interne alla stessa.
Il datore di lavoro non può sorvegliare i dipendenti con telecamere, lo statuto dei lavoratori lo vieta; noi possiamo, se incaricati in modo corretto al fine di tutelare un diritto di pari rango rispetto a quello che si va a violare, installare impianti di videosorveglianza nascosti che dovranno essere usati solo dal professionista investigatore privato autorizzato e solo per formare la prova processuale.
Il patto di non concorrenza è quello strumento - disciplinato dall’articolo 2125 del Codice Civile - grazie al quale le aziende possono tutelarsi in sicurezza dai comportamenti che i propri dipendenti potrebbero mettere in atto, anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro.
Nel caso del dipendente tale obbligo scatta automaticamente dal momento in cui si instaura un contratto di lavoro.
Nel caso di ex dipendenti o di lavoratori autonomi, esempio agenti di commercio o consulenti, tale obbligo deve essere contrattualizzato in forma scritta perché sia valido.
Inoltre deve essere previsto un corrispettivo ed esistono limiti temporali fissati per legge e deve infine essere specificato l'ambito territoriale in cui si applica.
Detto questo, la violazione del patto di non concorrenza, se dimostrata nei modi e nelle forme previste dalla legge (in presenza di elementi di prova prodotti da un soggetto abilitato), può portare alla restituzione dei compensi erogati a titolo di remunerazione dello stesso, maggiorati degli interessi legali e a una richiesta di risarcimento del danno.